L'incantesimo della voce materna
Jul 13, 2016
Trovare un’origine etimologica univoca ed indiscutibile della parola voce, risulta operazione ardua. In funzione dei popoli e delle culture che si sono avvicendati nel corso dei millenni ha incarnato svariati significati e significanti. È affascinante comprendere come in molti di quei casi non si facesse distinzione tra il mero significato funzionale di voce e quello di canzone, simboleggiando un concetto inscindibile di devozione e gratitudine verso le divinità generatrici che attraverso questo dono avevano distinto l’uomo da tutte le altre specie viventi sulla terra.
La voce è strumento preferenziale di comunicazione e ringraziamento a Dio.
Solo successivamente si aggiungerà l’idea di voce-parola e voce-linguaggio. In merito a questa consecutio (è nata prima la canzone o la parola?) si sono alternate teorie. Darwin si mostrò più che convinto nell’ affermare che la produzione di suoni ‘cantati’ aveva di certo preceduto, incentivando e favorendo, la comparsa del linguaggio stesso. Teorizzava che l’uomo primitivo, o piuttosto qualche antico progenitore dell’uomo, aveva probabilmente usato per la prima volta la sua voce per produrre vere e proprie cadenze musicali, cioè per cantare, come fanno oggi i gibboni. E potremmo concludere, utilizzando un’analogia largamente diffusa, che questa capacità sia stata utilizzata soprattutto durante il corteggiamento, esprimendo diverse emozioni come l’amore, la gelosia, la vittoria, e che sia servita per sfidare rivali. È quindi probabile che l’imitazione delle grida musicali con suoni articolati abbia dato origine a parole capaci di esprimere varie emozioni complesse.
Di altra veduta si mostrò invece Schopenauer, convinto della non correlazione tra i due fenomeni: l’origine dei due eventi non può essere avvicinata, né l’una può definirsi scatenante dell’altra.
In questa bagarre filosofico-scientifica per accertare origini e legami tra musica e linguaggio, un punto in comune si trova con facilità. È chiaro a tutti, quanto il corteggiamento, l’amore e il bisogno sessuale abbiano incentivato la produzione di musiche, canti e melodie, probabilmente già in periodi evolutivi remoti. La canzone come strumento di richiamo, magia, incanto.
Ma che cos’è un incantesimo? E come si fa? L’etimologia stessa racchiude la formula magica a tal punto da non scindere l’atto canoro dall’effetto di operare cose soprannaturali.
Incantare, sbalordire, meravigliare, portare a sè.
In-canto. La ricetta sta nella canzone, nella musicalità delle parole e la scelta dei versi. Tutto è possibile nella musica, nella voce cantata. L’immanente diventa trascendente e tutte le spiegazioni scientifiche si inchinano al potere magico della voce. Per citare Nina Simone, I put a spell on you “Ho fatto un incantesimo su di te, perché tu sei mio. E non mi interessa se non mi vuoi, ho fatto un incantesimo su di te”.
Anche al giorno d’oggi l’atto magico è inscindibile dalla canzone. Pensiamo solo alle favole e fiabe per bambini; nessuna magia può essere sancita senza un atto vocale, sia esso cantato o recitato. Durante il rituale, la gestualità passa in secondo piano, perché una vera formula magica deve obbligatoriamente essere recitata a voce e solo successivamente accompagnata da movimenti corporei. Alcune di queste sono entrate a tal punto nel nostro costume da divenire luogo comune linguistico.
Pensiamo al Supercalifragilistichespiralidoso della straordinaria Mary Poppins, piuttosto che al Bidibi-Bodibi-bu della Fata Madrina di Cenerentola; è come dire che qualcosa di stupefacente è in procinto di accadere. E ad avvisarci è lei: la voce.
Credo non esista bambino che non abbia almeno una volta intonato un incantesimo; come reputo altrettanto difficile che un genitore non abbia accompagnato il proprio piccolo nel recitarlo. Il legame affettivo tra genitore e bambino nasce ben prima della nascita. Le ricerche condotte in ambito prenatale mostrano come il feto sia capace di sentirci già dall’ottava settimana di gestazione e quanto sia abile a comunicare con noi in quelle immediatamente successive. La voce dei genitori funge da strumento indispensabile, incidendo positivamente sulla crescita psicofisica del feto e del bambino che verrà. Ogni momento di attesa nasconde in sé un briciolo di magia e di silenziosa musica. Ecco quindi il perché di incanto, o meglio in-canto!
La mamma è narratrice e cantante: attraverso la sua voce si presenta al bambino, lo coccola, lo abbraccia e lo rassicura, favorendo una ritualità affettiva che avrà inizio già dalle prime settimane di gestazione. Si può affermare che gli aspetti percettivi, emotivi ed esistenziali riguardanti la vita della madre influiscano sulla vita del bambino, rendendolo attivo già dal momento del concepimento e capace di interagire con l’ambiente circostante.
Studi condotti da Marie Claire Busnel e da De Casper hanno dimostrato che i nascituri sono in grado di distinguere parole diverse già dalle prime settimane di gravidanza e che risulta loro facile ricordare i suoni di un discorso, addirittura fiabe.
Per lo psichiatra Thomas Verny l’utero è il primo vero mondo del bambino ed il modo in cui lo percepisce inciderà sulla formazione della sua futura personalità. Se sarà un ambiente caldo, avvolgente e ricco di stimoli, il bambino troverà molte probabilità di vivere con fiducia nei confronti di sé e degli altri. Se invece l’ambiente uterino sarà vissuto come ostile e non comunicativo, potrebbero emergere insicurezze, insoddisfazioni, facendo del piccolo un essere diffidente nei confronti del mondo circostante.
Il rapporto con la madre risulta così un vero ‘rapporto di coppia’, come affermato da Gino Soldera, presidente dell’ Associazione nazionale di psicologia e di educazione prenatale. Vanno favoriti toni allegri e affettuosi della voce umana o un buon ascolto musicale. Dal secondo trimestre della gravidanza il piccolo riesce a stupire distinguendo suoni e memorizzandoli, riconoscendo sillabe diverse (‘babi’ e ‘biba’).
Una ricerca francese ha dimostrato che se la mamma, parlando, si rivolge direttamente a lui, il piccolo reagisce con un aumento delle pulsazioni cardiache. Le parole amorevoli della mamma generano un effetto positivo indispensabile per lo sviluppo cerebrale e cognitivo del feto. Una fiaba ripetuta più volte dalla mamma in gravidanza viene riconosciuta dopo la nascita: a quella e solo a quella, tra le tante recitate durante l’allattamento, il neonato reagirà modificando l’intensità della poppata, dimostrando piacere e apprezzamento.
Per concludere potremmo dire che il bambino mette al primo posto la voce della mamma tra le percezioni sonore della vita intrauterina. La mamma, così facendo, incanta il bambino, garantendogli serenità, accudendolo ed insegnandoli a vivere.